Newsletter Firenze Capitale n. 11 – Una casa fiorentina: i luoghi innominabili
Innominabili Abbiamo udito non pochi Torinesi – costretti al grande trasferimento – lagnarsi che nelle case di Firenze manchino assolutamente – o quasi – que’ certi luoghi reconditi, in cui per ritirarsi discendono perfino i re dal trono. È una falsità. Le case di Firenze sono provvedute di cotesti gabinetti al pari di Torino. Oltre a ciò, ricordiamo un’altra volta, esistere in tutti i quartieri della città latrine pubbliche. Da La nuova capitale. Guida pratica popolare di Firenze ad uso specialmente degl’Impiegati, Negozianti, delle Madri di famiglia, e di tutti coloro che stanno per trasferirvisi, Tipografia letteraria, Torino, 1865, |
Nel numero 8 della newsletter, che puoi trovare qui, avevo iniziato ad esaminare la minuziosa descrizione di un villino e dei suoi interni che il linguista Pietro Fanfani espone nel 1868 nel suo libro Una casa fiorentina da vendere con un racconto morale e un esercizio lessicografico. Oggi ci occuperemo di un aspetto prosaico della vita del tempo di Firenze Capitale: la toelette, la stanza da bagno e il modo di gestire l’igiene e i vari bisogni “innominabili”. Quella che descrive Fanfani è certamente una situazione ottima, che si poteva ritrovare nelle case signorili e, con meno dispiego di lusso, nelle abitazioni delle classi alte e medie. Gli umili vivevano in situazioni più sacrificate. Nel centro medievale non esistevano fognature e le latrine, se esistevano, scaricavano, talvolta con spiacevoli dispersioni, in dei pozzi neri. Ogni notte circa cinquemila barrocci venivano a svuotarli per poi riversare nei campi l’ottimo concime. Quando le latrine mancavano, alcuni degli abitanti tenevano le materie fecali nelle stanze durante il giorno e le andavano a gettare di notte; altri, più disinvolti, buttavano subito gli escrementi dalla finestra, secondo l’uso medievale. Vediamo, però, come era la situazione nel villino descritto da Fanfani. |
La stanza da bagno |
Stanza del bagno. Questa stanza è assai graziosa. Dipinta ad allegro paese da buon paesista, ha un buon lettino a canapè ricoperto di cambrì gridellino a piccole rose: uno scaffalino di noce con pochi e scelti libri di piacevole lettura: una toelettina con boccette di essenze, con pomate, e altre bazzecole da donne: un garbato armadino a muro, con qualche bottiglia di vino eccellente; rosoli, alchermes, e altre simili cose da confortare lo stomaco. La tinozza è di marmo finissimo: le cannelle sono di ottone: i mascheroncini di esse cannelle sono anch’essi di marmo, e di forma garbatamente capricciosa. |
In questa casa, nella stanza da bagno si faceva soltanto il bagno, mentre ai bisogni corporali erano dedicati altri luoghi. Era una locale, peraltro ben affrescato, dove era previsto che le persone si rilassassero leggendo e bevendo vini e rosoli. Inoltre, in questo caso specifico, la presenza del lettino a canapè, un antenato del divano letto, consentiva di consentiva di usare la stanza per far dormire qualcuno in caso di necessità. Dall’Esercizio lessicografico presente nel libro di Fanfani riporto queste definizioni. Lettino a canapè. Canapè più grande degli ordinari, sul cui sedere è una materassetta ricoperta di stoffa, con grande spalliera ricoperta del medesimo, da levare e mettere, e con quattro guanciali simili, che uniti insieme formano la lunghezza di tutto il canapè e servono come di seconda materassa. Questo mobile fa la figura di canapè da sedere; e volendolo usare per letto, si leva la spalliera, si distendono i guanciali, e si mettono lenzuola e coperte. |
Cambrì. Tela di cotone, più che altro da camicie, se bianco; è da vestiti da donna, e da ricoprir mobili, se a fiori o a disegno: così detto dalla città di Cambray, dove prima si lavorò. Gridellino. Colore gentilissimo, che è tra il rosso e il bigio, detto anche con voce francese lilla. Alchermes. Liquore composto di spirito di vino finissimo, e giulebbe, tinto di cocciniglia, e datogli odore aromatico, dove prevale il garofano. Bazzecole. piccole masserizie, coserelle di poco pregio Tinozza. vaso molto cupo, e assai grande, di rame o di latta tinta a olio, che si empie d’acqua per lavarsi tutta la persona, o per fare bagni per cagioni di malattia. Chiamansi così anche quella di terracotta o di marmo che si fissa al terreno nelle stanze da bagni. Oltre alla tinozza, segnalo che all’epoca esisteva anche il semicupio. Semicupio piccola tinozza rotonda di latta tinta a olio, in forma quasi di una poltrona, con spalliera, e con orlo largo e abbassato dinanzi, che serve per fare un bagno immergendo nell’acqua la sola parte di mezzo del corpo, lasciate fuori le estremità e il busto: il quale bagno dicesi pur semicupio. |
I semicupi venivano anche noleggiati dai trombai, al momento in cui servivano, come si può notare dal cartello presente in questa foto. |
L’acqua della tinozza, oltre che facendola bollire in pentole poste sul fuoco, poteva essere riscaldata usando il tubo. Tubo grosso cilindro vuoto, di rame o di latta, che si empie di carbone acceso e si immerge nella tinozza acciocché l’acqua si scaldi. Perché vi sia circolazione d’aria e il carbone rimanga acceso, dalle parti laterali di esso fondo sorgono altri due tubi, che salgono fino in cima, e servono anche di presa. Non so di preciso se al tempo di Firenze Capitale fosse sempre diffusa l’usanza che tutta la famiglia si lavasse utilizzando la stessa acqua. Ciò avveniva nel medioevo, col capofamiglia che si lavava per primo, al quale seguivano gli altri in ordine di importanza. Per ultimi venivano i bambini. Ho letto che talvolta, a quel punto, l’acqua era così compromessa che gli infanti potevano morire. Da qui sarebbe nato il detto “buttare il bimbo con l’acqua sporca”. Riporto questa curiosa notizia, anche se non ne sono convintissimo. “Gettare il bambino con l’acqua sporca” significa, in realtà, “Disfarsi di cosa ritenuta inutile, senza avvedersi di buttar via, con essa, anche ciò che si deve conservare.” Su Wikipedia si trova che: “Questo idioma deriva da un proverbio tedesco, “das Kind mit dem Bade ausschütten”. La prima testimonianza di questa frase è nel 1512, in Narrenbeschwörung (Appeal to Fools) di Thomas Murner; e questo libro include un’illustrazione xilografica che mostra una donna che tira fuori un bambino con l’acqua di scarico. È uno slogan comune in tedesco, con esempi del suo utilizzo nell’opera di Martin Lutero, Johannes Kepler, Johann Wolfgang von Goethe, Otto von Bismarck, Thomas Mann e Günter Grass.” |
La Toelette e il Luogo comodo |
Passiamo alla descrizione della Toelette e del luogo dei bisogni innominabili. Pietro Fanfani, come potrai notare, era un purista e odiava l’abitudine, sempre più diffusa, di usare termini stranieri al posto di quelli italiani. All’epoca, la lingua che veniva importata era prevalentemente il francese. Il professore così definisce la Toelette: Toelette la stanza dove le donne si abbigliano. I Francesi chiamano toilette il tavolino dove sta lo specchio, e le altre cose da abbigliarsi; ma non la stanza. Noi andiamo più là di loro, tanto siamo incalliti nella servitù. Potrebbe dirsi abbigliatoio. Prima di passare alla descrizione minuziosa della Toelette, segnalo che nel testo è scritto che in quella stanza si entra da una bussola, parola che ho scoperto avere molti significati, oltre a quello di strumento per orientarsi. Li riporto, perché sinceramente stupito: 1. Carrozzino a due ruote, tirato a mano. Portantina chiusa. 2. Infisso a uno o due battenti, posto all’interno di un ambiente o di un edificio per impedire che la corrente d’aria fredda provocata dall’apertura di una prima porta esterna penetri nell’interno. ESTENS. Infisso rotante all’ingresso di locali pubblici. Porta interna a battente unico. 3. Costruzione di legno in cui il papa stava, non visto, ad ascoltare le prediche. 4. Cassetta per raccogliere elemosine. 5. Manicotto che serve alla riduzione di un foro per adattarvi un albero o un utensile. 6. Spazzola; part., quella per pulire i cavalli dopo la strigliatura. |
Toelette. Dalla bussola che è nella parete a destra (e tutte le bussole sono bianche, tirati a pulimento, con contorni a oro) si entra nella toelette, Dove sono i mobili di noce a intaglio, ricoperti di cambrì verde mare a piccoli fiori, tra’ quali mobili è grazioso un vis-a-vis di singolare forma: le pareti sono a carte di Francia, simili, nel colore e nell’opera, al cambrì della mobilia; e vi sono delle belle fotografie con vedute di Firenze e delle principali città d’Italia. La toelette è nel mezzo della stanza, con suo padiglione e pedana di percalle a opera, simile alle tende; ed è fornita di tutto il desiderabile: pomate, acqua d’odore, aceti cosmetici, cerette, saponette sopraffini, pettini fitti e radi, pettinini da ciglia, stuzzicadenti, nettadenti, limette e cisoine da unghie, aghi da scriminatura, spazzole e setolini di ogni genere, e se altro. In un piccolo stanzino accanto c’è il comodo per lavarsi: bidet con armatura o carcassa di ferro fuso: lavamano pure di ferro fuso, con sua catinella e mesciacqua di porcellana fine; e lì accanto v’è lo stanzino, un luogo comodo a irrigatore, con il suo sedere di marmo, la sua tavola bucata da mettervi sopra, e la ciambella per chi non volesse la tavola; ed un cantuccio, accanto al finestrino, v’è il lavatoio di marmo con cannella d’ottone; perché in casa, oltre il pozzo, di acqua eccellente, v’è l’acqua a tromba, il cui tubi, o cannelle, rigirano per molte stanze. |
Quindi, accanto all’abbigliatoio, abbiamo un paio di stanzini, uno per lavarsi (mani e bidet) e l’altro per fare i propri bisogni. Nella descrizione della Toelette, intesa come stanza, incontriamo vari oggetti. Fanfani fornisce le seguenti definizioni. Toelette. Il tavolino dinanzi a cui stanno sedute le donne quando s’abbigliano. Da una tela che solleva stendersi su questo tavolino i francesi la chiamano toilette, e almeno dicono qualche cosa; noi pigliamo la voce tale quale, e non diciamo nulla perché toelette in italiano non ha significato. Il Parini, per dir qualcosa, disse teletta, mantenendo la figura francese dalla parte per il tutto; e non fu bene italiano. Lo specchio è parte principale di esso tavolino, e senza esso non è possibile abbigliarsi: il perché, gli italiani, più temperati dei Francesi nella figura nella metafora, quel tavolino nominarono dallo specchio, come si vede fino dai tempi di Dante; e ora continuamente si ode dire di una donna vaga di abbigliarsi, che non farebb’altro che stare allo specchio; di una donna che s’abbiglia: è di là alla spera (che spera e specchio è l’istesso). Eppure noi italiani, sordi a quello che tutto di sentiamo dire, e in modo tanto migliore, siamo schifi della voce nostra e bellissima, per pigliar la francese. Anzi si arriva a dire che in italiano non abbiamo voce significativa di ciò, e a forza di dire toilette, l’abbiamo adagio adagio insegnata a tutti. Toelettina. Cassetta di legno nobile con coperchio imperniato, che dalla parte di dentro ha in sé incastrato un cristallo da specchio; diviso in vari compartimenti per pettini, acque d’odore, saponette. Francesismo, come i precedenti, benché sia antica presso di noi, e più significativa, la voce pettiniera, o saponiera. Acque d’odore, si chiamano quelle fatte per distillazione con varie materie odorifere, come fiori ed altre sostanze. Si usano specialmente dalle donne, e dai giovani galanti. Stuzzicorecchi. Piccola asticciuola d’avorio, o d’altro, terminata da un lato in una piccolissima cucchiaina, con la quale si porta fuori dagli orecchi la lordura che può raccogliervisi. Nettadenti. Lastrettina di acciaio terminata da una parte in una piccola punta per nettare gli spazi tra dente e dente, e dall’altra in una specie di cucchiaietta arrotata con la quale si toglie il tartaro o altra lordura di su’ denti. Aceto cosmetico. aceto finissimo, in cui sia infusa una qualche essenza odorifera, il quale si adopera, specialmente dalle signore, per mescolarlo nell’acqua con cui si lavano. Scriminatura quello spartimento di capelli in contraria direzione, che fa apparire sul cranio una specie di solco: detta più spesso la divisa o la spartizione. Ago da scriminatura. Strumento d’acciaio, lungo 8 o 10 cm, alquanto acuto da una estremità, che serve alle donne per farsi la spartizione o scriminatura pari quando si pettinano. Fu pure detto ago crinale, e dirizzatoio. |
Uscendo dall’abbigliatoio entriamo nei “luoghi innominabili.” In particolare, nel Luogo comodo quello stanzino dove è il cesso, quel luogo vo’ dire, dove si fanno i bisogni corporali. Stanzino così chiamasi per antonomasia quella piccola stanzetta o recesso dov’è il luogo da farvi i suoi bisogni, cioè il cesso. Ricordo che una volta venni rimproverato dal compianto Alberto Eva, curatore dell’antologia, perché, ignaro, avevo scritto che il protagonista del mio racconto, Sabatino Arturi, aveva cercato “un luogo comodo dove nascondere” un velocipede. Eva si era sbellicato dalle risate immaginando Sabatino che portava una bicicletta nel cesso. Quante cose ho imparato da lui! Comunque, dalla descrizione dei vari accessori presenti nei luoghi innominabili, ci si rende conto di come venivano svolte certe operazioni nell’Ottocento, perlomeno in una casa signorile. Tavola bucata quella nel cui mezzo è una buca tonda della stessa grandezza di quella del cesso, e che si mette sopra il piano di questo per non posarsi sopra il marmo allorché si va a fare i bisogni corporali. Ciambella arnese fatto in forma di grossa ciambella, o di sala da fiaschi intessuta, o di crine ricoperto di pelle, che alcuni mettono sopra la buca del luogo per non posarsi sul marmo o sul legno, dove può essere qualche immondizia. Irrigatore. Luogo comodo a irrigatore si dice quello dove, al principio della sua apertura o buca si adatta una macchinetta, mediante la quale a volontà, girando una cannella, si fa venire l’acqua, e così si tiene netto. Armatura. Que’ legnami di varia forma, sopra quattro regoli che si chiamano zampe, congegnati in modo che vi si adatti il bidet, o qualcuna cosa simile. Dicesi anche carcassa. Bidè. Catinella o di maiolica, o di metallo, di forma bislunga, e ristretta nel mezzo, che si pone sopra l’armatura o carcassa, e sopra vi si sta seduti come a cavallo per lavarsi da basso. Si chiama pure bidè la carcassa e la catinella prese insieme. |
Esisteva anche la possibilità di lavarsi mani e viso utilizzando il lavamano, col mesciacqua. Lavamano arnese di legno o di ferro, composto di tre aste o spranghette verticali, o variamente ricurve, ritto su tre piedi, terminato in alto con un cerchio da posarvi la catinella per lavarsi le mani. Mesciacqua vaso panciuto, che si restringe il collo, e si slarga da capo nella bocca, ma da una sola parte, nel quale si tiene l’acqua per lavarsi le mani e il viso. |
I bisogni in camera da letto |
Durante la notte, per non doversi recare al luogo comodo, si poteva usufruire del cantero, tenuto nel comodino. Comodino mobile di legno, che si tiene accanto al letto, appoggiato al muro, il quale serve per tenere la boccia dell’acqua, il cantero, la candela co’ fiammiferi. Suole avere la tavola di marmo, una specie di armadietto a una sola imposta, e giù in basso una cassetta assai fonda per la seggetta. Cantero. Vaso di terra invetriato, in forma di piccolo orciuolo basso e corpacciuto, con manico laterale in verso l’orlo, e che si tiene nel comodino per i bisogni corporali. Seggetta quella cassetta con entro il cantero, che si acconcia ne’ comodini, per il caso che occorra all’andar del corpo la notte senza andare allo stanzino. |
Con questo, direi che ci siamo fatti un quadro del modo in cui le classi più agiate gestivano l’igiene e certi bisogni. Nel libro di Fanfani emergono anche molti altri aspetti della vita quotidiana dell’Ottocento, legati al cucinare, al dormire, all’illuminazione notturna, alle faccende di casa. Ma di tutto ciò parlerò in qualche futuro numero della newsletter. |
Aggiornamenti della pagina Facebook di Firenze Capitale LA CAMPAGNA ELETTORALE DEL 1874 La storia di Firenze Capitale e della seconda metà dell’Ottocento è estremamente appassionante perché in quel periodo si ritrovano tutti i temi in cui ancora oggi ci dibattiamo (e che, magari, crediamo siano sorti adesso). In realtà, a parte i nomi, niente è cambiato da 150 anni a questa parte. Si veda, ad esempio, questo brano sulla campagna elettorale del 1874. “Durante la campagna elettorale, Minghetti, che insieme con Sella sembrava voler riunificare la Destra, insistette sull’ esigenza primaria del risanamento finanziario senza il quale l’Italia non si poteva presentare come uno Stato solido è affidabile in Europa. Il pareggio delle entrate e delle spese era la “pietra angolare” dell’edificio statuale e la Destra se ne faceva paladina a qualsiasi prezzo. La riforma dei dazi di consumo e la perequazione dell’imposta fondiaria dovevano favorire il raggiungimento dell’obiettivo, ma in realtà erodevano il consenso e aumentavano le divisioni interne alla Destra. I moderati toscani, che già avevano conosciuto il catasto lorenese di Leopoldo II, ritenevano troppo oneroso il processo di accatastazione, anche perché un nuovo catasto, dopo le migliorie apportate nelle fattorie nell’ultimo quarantennio (sviluppo delle colture arboree, vite olio, miglioramento ed estensione delle coltivazioni), poteva comportare un aumento della pressione fiscale sulla proprietà terriera, base della loro economia. I Meridionali, poi, temevano che un nuovo catasto avrebbe avuto lo stesso effetto in tutto il Mezzogiorno, dove il calcolo delle tasse fondiarie si basava su catasti antichi di secoli e molte erano le proprietà non accatastate.” La città capitale. FIRENZE prima, durante e dopo di Zeffiro Ciuffoletti. Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 2015, pag. 134 Nella foto: Quintino Sella Questo è il link per andare alla pagina Facebook su Firenze Capitale |
Forse ti può essere utile |
BONUS: la Card del Fiorentino |
Segnalo una opportunità che forse ti può essere utile. Purtroppo è riservata ai residenti di Firenze e dei Comuni della Città metropolitana. Se risiedi altrove, magari puoi verificare se nel tuo comune sono presenti analoghe iniziative. La Card del Fiorentino costa 10 euro e consente l’accesso per un anno ai Musei Civici e ai luoghi di Cultura del Comune di Firenze. Nella Card sono anche comprese tre visite guidate su prenotazione. I luoghi ai quali si può accedere sono: Museo di Palazzo Vecchio, Torre di Arnolfo (restano esclusi dalla visita: Scavi del Teatro Romano) Museo Novecento (Collezione e Mostre temporanee) Museo Stefano Bardini (Collezione e Mostre temporanee) Cappella Brancacci e Fondazione Romano Complesso di Santa Maria Novella (accesso da Piazza Stazione, 4) Forte di Belvedere Memoriale di Auschwitz Museo del ciclismo Gino Bartali Torre San Niccolò, Torre della Zecca, Porta Romana. Baluardo di San Giorgio e Porta San Frediano Ulteriori dettagli e le modalità per acquisire la tessera sono spiegati in questa pagina. Io feci la Card prima del Covid e devo dire che conferisce una forte sensazione di appartenenza alla città. Era veramente entusiasmante pensare che ogni volta che passeggiavo in centro avrei potuto, se mi veniva voglia, entrare in Palazzo Vecchio e salire ad ammirare dagli spalti Piazza della Signoria, oppure fare un giro veloce per ripassarmi la Cappella Brancacci o il Cappellone degli Spagnoli in Santa Maria Novella (nei mesi in cui le code sono inesistenti o modeste). Sentivo che Firenze era davvero mia. Ora rifarò la Card. |
Grazie |
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