IL PRINCIPE E LA STREGA (di Francesco Rossi) mappa del sito
Lei pensò “Devo dirglielo: Principe è finita! E’ stato solo un sogno, un bel sogno. Ma la realtà è altra cosa. E’ un faticosa opera quotidiana di costruzione, è un lento e tenace lavorare dietro ai nostri progetti per poterli realizzare in un futuro. Tutte le fiabe hanno questa caratteristica: ti incantano e poi finiscono. Se sono belle rimangono per un po’ nella mente, sospese come le nebbie del mattino nei campi, lungo la strada… il sole si alza e si dissolvono, e tu puoi guidare tranquilla la tua auto verso il tuo appuntamento di lavoro. Si, oggi glielo dirò!” Lui pensò “Ci voleva un po’ di distacco per pensare. In fondo lei aveva ragione fin dal primo momento, fin dalla sua prima ritrosia verso i miei complimenti. La vita è già abbastanza complicata nella realtà per inventarsi storie di fantasia. In fondo è vero: ci conosciamo solo per quello che vogliamo mostrare l’uno all’altra, e questo non ha futuro. Si, oggi le dirò che aveva ragione!” Accadde quindi che i due si incontrarono e furono all’inizio un po’ più freddi del solito, perché ognuno cercava l’occasione per manifestare i suoi propositi e nel frattempo non voleva ingannare l’altro. Così i discorsi di circostanza da vecchi amici durarono un po’ più a lungo e ognuno notò nell’altro un certo imbarazzo, che subito attribuì al fatto che in pubblico, in luoghi conosciuti, vi era il timore che qualcuno li riconoscesse. In realtà niente avrebbe dovuto essere più facile di questa impresa: i loro intenti coincidevano e bastava che uno dei due desse il via e tutto si sarebbe concluso rapidamente, in maniera quasi indolore. Accadde però che lui distrattamente rovesciò la sua tazzina del caffè sul vestito nuovo di lei e … “Scusami, sono davvero mortificato… che imbranato, come ho potuto…” e con un tovagliolo di carta cercò di asciugare la gonna di lei. A quel contatto lei gli lanciò un’occhiataccia che voleva dire: “Sciocco, che fai? Oltre al vestito rovini anche il mio piano!” E gli afferrò la mano per toglierla dalla sua gamba. Quel gesto fu fatale. Lui tenne stretta la mano e uscirono per strada. “Ma che diavolo stai facendo?” esclamò lei con un’ aria da strega. Eh sì ! era proprio la sua strega. Cominciarono a correre per le vie, in mezzo alla gente che li guardava stupita. “Quei due sono innamorati proprio come due piccioncini!” Fece un’anziana signora che distribuiva il granturco in piazza ad uno stormo di piccioni. Lui la fece correre fino al fiume, sempre per mano, mentre lei lo minacciava di fargli del male se non l’avesse lasciata. Si ritrovarono al muretto di sponda del fiume, col fiato grosso per la corsa. Erano vicinissimi e sentivano ognuno il respiro dell’altro. “Farsi del male è abbastanza reale?” Domandò lui “ Ed ha un futuro? Prima di rispondere sappi che ti amo, strega, e ti ho pensato sempre, ogni giorno ed ogni notte”. Tuttavia non le diede il tempo di rispondere perché i loro respiri si fusero e le loro bocche si unirono in un bacio che ai passanti sembrò lunghissimo. Lei chiuse gli occhi e pensò che il suo progetto era fallito, ma non sentì rimorso. Sentì invece il cuore battere forte e fu come quando abbracciava il suo primo ragazzo, di nascosto a sua madre. Avrebbe voluto cantare una vecchia canzone che le piaceva tanto, ma non lo fece. Chiuse gli occhi e si lasciò stringere dalle braccia di lui. Lui provò il desiderio di saltare in sella ad una moto con lei e di fuggire a tutta velocità, come una volta, più di vent’anni fa, con una ragazza che le somigliava e che aveva tanto amato; ma si trattenne, nessuno doveva scappare stavolta. Si fissarono negli occhi e risero entrambi, risero e continuarono a baciarsi in uno splendido tramonto d’inverno. Poi si incamminarono parlando a bassa voce verso un luogo appartato, e qualche maligno passante notò che lei aveva le lacrime agli occhi, lacrime di gioia s’intende. I due si amarono fino a che non venne l’alba e si sentirono vivi e reali come in un sogno.
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