I vantaggi di abbandonare i figli – #SM2 post n. 25
Questo articolo fa parte della pubblicazione integrale sul web di Sesso Motore 2: perché si fa poco sesso. Il saggio che spiega cosa fa girare il mondo e perché vogliamo essere ricchi e potenti invece che felici.
Un genitore può essere tentato di abbandonare la prole se pensa che potrebbe dedicarsi con maggior profitto a procreare altri figli nel tempo così guadagnato. È esattamente questo il caso del maschio umano che in breve tempo può produrre abbastanza spermatozoi da fecondare teoricamente tutte le donne presenti sulla terra. A prescindere dalle illimitate possibilità teoriche, nei nove mesi in cui una femmina produce un figlio, il padre può concretamente mettere incinte diverse altre ragazze. Non parliamo poi di quante altre ne potrebbe fecondare nei primi anni di vita del piccolo. Quindi, per lui, dedicarsi a proteggere e ad accudire compagna e prole ha un costo opportunità altissimo (NOTA 92). La madre, invece, non aumenta il numero dei propri discendenti andando con altri uomini mentre è incinta o mentre non è fertile perché sta allattando (NOTA 93). Quindi per lei dedicarsi al figlio non costa niente dal punto di vista della rinuncia ad avere altre opportunità riproduttive. In generale, si può osservare che il tempo del maschio ha un’alta resa riproduttiva (teorica) mentre quello della donna ha una resa infinitamente minore: in un anno un uomo può generare svariati figli, mentre una donna può rimanere incinta solo una volta.
Quindi, considerando solo il numero di discendenti generabili, ogni minuto dedicato alle cure parentali costa moltissimo all’uomo e ben poco alla donna.
Prescindendo dalle considerazioni sul costo opportunità, se si osserva la medesima questione sotto un aspetto più generale si può osservare che di spermatozoi maschili a giro se ne trova quanti se ne vuole, mentre gli ovuli femminili sono molto più rari, cosa che rende estremamente alto e prezioso il valore riproduttivo rappresentato da una donna fertile.
Infine, un individuo è disposto a investire energie nel sostentamento di un piccolo solo se pensa che egli sia suo figlio e porti i suoi geni. Nella nostra specie, a fecondazione interna, la madre è certa di ciò, mentre il padre, a livello teorico, corre sempre il rischio di investire enormi risorse sul figlio di un altro. È quindi tendenzialmente più portato a limitare il suo impegno di genitore.
Adesso esistono i test del DNA, ma fino a poco tempo fa l’uomo poteva valutare la probabilità di essere il padre genetico del bambino basandosi solo su indizi indiretti. Uno, molto rilevante, è l’atteggiamento della partner nei confronti della promiscuità, per cui la tendenza alla morigeratezza e alla fedeltà della donna è sempre stata un elemento a cui i maschi hanno dato grande importanza nelle valutazioni di scelta della compagna. Il presunto padre, se sa che la sua compagna prima di formare coppia stabile con lui si è divertita assai, potrà temere che la partner non abbia abbandonato certe abitudini e magari avrà qualche dubbio in più sull’origine del figlio. Un altro importante indizio di paternità è la somiglianza tra l’uomo e il bambino. Varie ricerche hanno confermato che i maschi tendono a investire di più nei figli che somigliano loro (e sono più propensi a infliggere nel corso del matrimonio lesioni gravi alle mogli se pensano che i figli NON somiglino a loro) (NOTA 94). Le donne paiono essere consapevoli di ciò e forse hanno addirittura sviluppato un (naturalmente inconscio) bias percettivo sulla somiglianza dei figli per cui tendono a vederli sempre più somiglianti al padre che a loro, e ripetono questo giudizio spesso, soprattutto quando il padre è presente, presumibilmente per invogliarlo a prestare al piccolo le cure necessarie. In realtà, i figli hanno la stessa possibilità di somigliare al padre che alla madre. Ricerche effettuate in reparti maternità statunitensi e messicani hanno evidenziato però che le madri commentavano che i neonati somigliavano al padre circa nell’80% dei casi mentre solo circa nel 20% dei casi menzionavano una somiglianza con loro stesse. Curiosamente, uno sbilanciamento dei commenti a favore della somiglianza paterna si aveva anche nei giudizi dati dai parenti della moglie. Pare quindi che la madre e tutta la di lei famiglia tendano a rassicurare con enfasi l’uomo sul fatto che il figlio è suo, per ridurre il rischio che l’incerto genitore se la squagli (NOTA 95).
Nel complesso, per il maggior investimento parentale, per i minori vantaggi delle possibilità alternative e per la certezza della maternità, è naturale che nella nostra specie il peso delle cure dei figli ricada in prevalenza sulle donne. Nondimeno, i maschi dell’uomo forniscono un contributo estremamente rilevante alla sopravvivenza della prole, fornendo protezione, sostegno e risorse alla compagna e ai piccoli (NOTA 96). La nostra storia evolutiva li ha costretti a dotarsi di potenti adattamenti che li spingono a far ciò; il cucciolo dell’uomo, infatti, nasce così immaturo da aver bisogno di essere accudito per un tempo enorme, se confrontato con quello della quasi totalità delle altre specie. Al giorno d’oggi, con una grande fatica un genitore solo può farcela a crescere un figlio, ma nel Pleistocene sarebbero state davvero poche le probabilità che il bambino di una madre priva dell’aiuto del compagno potesse sopravvivere.
NOTA 92 – La teoria secondo la quale l’erogazione di cure parentali è legata al costo opportunità è confermata dal fatto che i maschi sono meno portati ad erogare cure ai figli quando vivono in contesti in cui ci sia una relativa eccedenza di donne, situazione che rende facile per gli uomini trovare altre compagne occasionali (Pedersen, 1991). La stessa minore disponibilità a dedicarsi alle cure parentali l’hanno gli uomini belli (Gangestad e Thornill, 2008) e, rispetto a quelli che abitano in aree rurali, i maschi che vivono in grandi città, perché in queste ultime ci sono più possibilità di interagire con le donne (Magrath e Komdeur, 2003). Vedi Buss PE pag. 151.
NOTA 93 – In passato l’allattamento era continuo e non intervallato ogni qualche ora come adesso e questo inibiva maggiormente il ritorno della fertilità della donna. Inoltre l’allattamento arrivava talvolta fino al quarto anno di età del bambino.
NOTA 94 – Vedi Buss PE pag, 154.
NOTA 95 – Vedi Buss PE pag. 153.
NOTA 96 – Infine è importante notare che l’esistenza di differenze di genere negli adattamenti genitoriali non implica che gli uomini non si occupino dei figli e non li proteggano. Gli esseri umani sono i primati caratterizzati dal maggior livello di investimento parentale paterno, un tratto ricorrente in tutte le culture. Gli uomini formano legami profondi con i loro figli, forniscono loro il cibo, li proteggono, insegnando loro come svolgere diverse attività, ne facilitano le alleanze sociali, influenzano le strategie riproduttive e li aiutano ad assicurarsi una posizione all’interno delle gerarchie sociali.” Buss PE pag. 160.
Questo articolo fa parte della pubblicazione integrale sul web di Sesso Motore 2: perché si fa poco sesso. Il saggio spiega cosa fa girare il mondo e perché, stranamente, vogliamo essere ricchi e potenti invece che felici. Illustra il contraddittorio rapporto esistente tra il sesso e la nostra società e fornisce risposte ad alcune, legittime, domande:
- Perché il sesso è così pubblicizzato in questa nostra società e così osteggiato nella sua messa in pratica?
- Perché ci dedichiamo relativamente poco a un’attività tanto piacevole e che in teoria sarebbe anche priva di costi?
- Perché nel mondo reale s’incontrano tante difficoltà ad avere piena soddisfazione sessuale?
Il saggio viene pubblicato integralmente sul mio sito; qui l’elenco degli altri post sinora pubblicati. Chi volesse leggerlo su un libro cartaceo o su un ebook può trovarlo in tutti i principali store on line o su come comprare i libri di Sergio Calamandrei
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