Raffaele Tosi, una vita per Garibaldi
Ho letto le memorie di Raffaele Tosi, un uomo che ha dedicato buona parte della sua gioventù a seguire Garibaldi, ogni volta che c’era da combattere. La storia di Tosi è raccontata in Da Venezia a Mentana (1848-1867). Cap. Raffaele Tosi. Impressioni e ricordi di un ufficiale garibaldino ordinati e pubblicati dal figlio Volturno. Prefazione di Ricciotti Garibaldi. Gabriele Angelini Photo Editore, Imola, 2011. Copia anastatica dell’edizione della Casa Editrice Ditta L. Bordandini pubblicata a Forlì nel 1910.
Queste memorie mi hanno commosso: mostrano, infatti, lo spaccato di una parte rilevante di una generazione che visse con entusiasmo e con spirito di sacrificio il Risorgimento, seguendo dal 1848 al 1870 Garibaldi nelle sue generose imprese. Erano volontari che lasciavano le famiglie e il lavoro, non per difendere la propria città e i propri cari, ma per accorrere in luoghi lontani a combattere per l’ideale della Patria, dell’Unità e della Libertà. E talvolta anche solo per quest’ultima, come nella generosissima conclusiva avventura di un Garibaldi ormai vecchio e tormentato dall’artrite che conduce i suoi volontari e i figli Ricciotti e Menotti a combattere per la repubblica francese, contro i Prussiani, tra il 1870 e il 1871. Dopo che i francesi avevano massacrato i suoi uomini nella difesa di Roma del 1849 e, solo tre anni prima, nel ’67, a Mentana. Per ora sto leggendo le biografie degli uomini e delle donne (Jessie White Mario) che affiancarono il Generale, ma prima o poi affronterò anche la sua epica, pittoresca e intensa vita.
Tosi, comunque, non accompagnò Garibaldi a combattere in Francia ma, per il resto non si fece mancare niente. Nacque nel 1833. Quando aveva dodici anni, suo padre fu coinvolto nei moti di Rimini del 1845 e tre gendarmi andarono ad arrestarlo. Raffaele iniziò a prenderli a sassate. Fu il genitore, arresosi, a farlo desistere. A quindici anni, nel ’48, scappò di casa per unirsi ai volontari che andavano a partecipare alla prima guerra d’Indipendenza. Ripreso a Bologna e riportato a casa, fuggì di nuovo e riuscì ad arruolarsi. Il suo reparto combatté con i piemontesi contro gli austriaci e poi si mosse a difesa della Repubblica di Venezia. Tosi fu colpito dalle febbri palustri e costretto a rimpatriare. Guarì e partì con altri volontari per difendere la Repubblica Romana.
Lì, sedicenne, partecipò ai combattimenti mirabilmente descritti in un libro che ho letto di recente: 1849. I guerrieri della libertà di Valerio Evangelisti, un romanzo basato su una ricostruzione storica accuratissima della sfortunata repubblica di Roma; un appassionato omaggio a una delle prime rivoluzioni davvero popolari italiane, al mito di Garibaldi e ai tanti, un po’ dimenticati, che hanno versato il loro sangue per l’unità e la libertà dell’Italia. Tosi era lì, quindi, quando morirono Luciano Manara, Goffedro Mameli, Emilio Morosini, Enrico Dandolo e Andrea Anghiar, il gigantesco moro che aveva seguito Garibaldi sin dal Sudamerica. Raffaele venne ferito a una gamba, rifiutò di farsela amputare, pur rischiando di morire di cancrena, e riuscì in seguito a tornare a camminare, anche se per quattro anni ancora dovette aiutarsi con le stampelle.
Nel suo stesso ospedale vennero ricoverati Nino Bixio e Girolamo Induno, che aveva fama d’immortalità perchè era stato ferito 18 volte, sempre sopravvivendo.
Quando nel 1859, scoppia la seconda guerra d’Indipendenza, Tosi, ventiseienne, si arruola nel quarto Cacciatori degli Appennini che raggiunge in Valtellina Garibaldi. Tosi incontra in un ospedale un sergente francese che era stato ricoverato insieme a lui dieci anni prima, a Roma. Stavolta, però, i transalpini sono stati nostri alleati, e non carnefici come a Roma. L’armistizio di Villafranca impedisce al nostro di battersi. Pochi mesi dopo giungono però voci di un gruppo di volontari che si sta radunando in Liguria per seguire Garibaldi in una nuova impresa. Tosi è ancora raffermato e, in pratica, diserta per raggiungere i compagni ma viene arrestato. Riuscirà, però, in qualche modo, ad arrivare in Sicilia in tempo per partecipare, sotto gli ordini di Bixio, allo sbarco in Calabria e alla battaglia del Volturno, dove fu ferito all’altra gamba.
Nel ’66, a trentatré anni, non manca di partire volontario per la terza guerra d’Indipendenza, sempre sotto Garibaldi. In Trentino viene catturato dagli austriaci ma riesce a fuggire con un amico, calandosi dal fianco di una montagna di notte, rischiando di precipitare e bevendo la proprio orina per non morire di sete.
Infine, nel 1867, segue il suo eroe nella sfortunata campagna dell’Agro Romano, stroncata ancora una volta dai francesi a Mentana.
La lettura delle memorie di quest’uomo lascia intravedere, sotto il manto della retorica tipica di quei tempi, i sacrifici che lui e i suoi compagni hanno compiuto per un alto ideale che guidava ogni loro passo. Fortunatamente viviamo in tempi che non richiedono alla parte migliore di un’intera generazione di donare la propria vita per un idea. Sono profondamente grato a Tosi e a tutti gli altri patrioti e patriote del Risorgimento per quello che hanno fatto per noi.