L'ATTESA
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EPUB -- 197 KB - Scarica EPUB MOBI -- 257 KB - Scarica MOBI Forse era una modella. Lo lasciavano desumere la
figura e le gambe sottili, il portamento elegante. Era bionda e, forse,
straniera; vestiva di nero ed aspettava il treno. Quando giunsi alla stazione respiravo forte l'aria
fresca della sera. Anch'io aspettavo una persona; pregustavo il collo morbido
della mia donna. Malgrado l'ora tarda c'erano molti in attesa. Tutti si
muovevano distrattamente attorno alla testa del binario, un po' per difendersi
dal freddo, un po' per ingannare il tempo. La notai subito e subito la
apprezzai, con un lieve senso di colpa pensando a chi quella sera doveva
arrivare. Con noncuranza mi avvicinai e la studiai meglio; lei, senza parere,
fece qualche passo svogliato e si pose alle mie spalle. Per un po' rimasi
incerto: mi chiedevo se quel movimento fosse stato del tutto casuale o se lei
intendesse così sottrarsi ai miei sguardi. Era una donna abituata ad essere
ammirata; notavo che tutti gli uomini che aspettavano al binario camminavano
noncuranti seguendo circonferenze esatte al cui centro geometrico era
invariabilmente lei. Teneva gli occhi bassi e si era quasi nascosta dietro ad un
gruppo familiare che certo era lì per un figlio soldato. Non so perché, mi
sentivo umiliato da quella donna. Con l'istinto bambino di non darle
soddisfazione mi misi con meticolosa cura ad ignorarla ed a leggere gli orari
dei treni, unica cosa da leggere affissa in quei paraggi. Sapevo però di non
poterle sfuggire ed infatti, mentre continuamente la pensavo, lei mi si accostò
e in fretta cercò sul tabellone qualche notizia su quel nostro treno che chissà
dove si era perduto nella notte. Io mi allontanai perché non volevo disturbarla
con la mia attenzione, o forse perché mi dava fastidio che esistesse. Non
potevo sopportare di essere per lei solo uno dei tanti
che ogni giorno si voltano a guardarla; molto meglio non entrare per
niente nella sua vita, svanire nel nulla. Mi incamminai infatti lungo il binario
perdendomi nell'oscurità. Avevo raggiunto il mio scopo: esternando noncuranza
forse avevo riparato a quella mia prima occhiata colpevole e vile ma non ero
comunque soddisfatto. Alla fine ritornai all'inizio del binario e la ritrovai.
In quell'istante l'altoparlante annunciò l'ormai evidente ritardo del treno.
Volevo vedere come avrebbe reagito all'avversità; studiando l'espressione del
suo viso volevo indovinarne il carattere. Strinse solo i denti, nella faccia
già tirata. Sembrava in tensione, non mi era né simpatica né antipatica; la
intuivo come in strenua attesa di qualcuno e allora capii che ciò che
desideravo di più era sapere chi c'era su quel treno che si preparava ad
incontrarla e, soprattutto, se era un uomo. Provavo un po' di invidia e di
gelosia e volevo sapere verso chi fosse diretta, volevo vederlo anche se capivo
che non mi sarebbe servito a nulla: la sua eventuale bellezza mi avrebbe
avvilito, la sua banalità, al contrario, mi avrebbe reso irato verso
l'arbitraria fortuna che taluni aiuta e altri no. Comunque il treno stava arrivando. Feci qualche passo
in avanti, estrapolai contento la mia donna dalla fiumana dei passeggeri, la
salutai e la baciai. Poi mi avviai deciso verso il parcheggio delle auto. A lei,
uscita per sempre dalla mia vita, dedicai solo uno sguardo di sfuggita. Era ancora ferma all'inizio del binario, sola, in
attesa. per tornare a racconti
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