La banda dei nomi rovesciati

Racconto terzo classificato al premio Maremma Mystery 2008

Questo racconto fa parte dell’antologia ALICE, BARBARIGO E TUTTI GLI ALTRI

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Dopo una settimana che stavo con loro, avendo superato tutte le prove, il capo dei briganti decise di accogliermi nella sua banda.

Una sera sedevamo raccolti in un anfratto tra le rocce, senza fuoco per evitare che questo ci rivelasse ai gendarmi. Per sconfiggere il freddo il capo fumava avidamente da un grosso sigaro. Ad un certo punto disse, rompendo il silenzio dei miei taciturni compagni:

“Mi pare che sinora il ragazzo se la sia cavata bene.”

“Eh, si!” annui qualcuno dei più anziani.

“Ho dunque deciso di prenderlo con noi.”

Nel buio i volti dei briganti parvero approvare.

“I nomi!” fece il capo.

“Come?” chiesi.

“Sei uno dei nostri. Puoi chiedere agli altri i loro nomi.”­

Sinora, per prudenza, nel corso della mia settimana di esame, nessuno aveva mai detto il nome dell’altro e ci si chiamava riferendosi ai vestiti cosicché io ero per tutti Bretelle Bianche perché portavo un paio di bretelle che erano state di mio nonno soldato. Ora, emozionato, mi accostai al più vicino dei miei compagni e gli chiesi:

“Come ti chiami?”

“Io sono Lo Sveglio.”

Sorrisi. “Ma se sei sempre lì a dormire e non vorresti mai alzarti la mattina.­”

“Bisogna riposarsi per essere pronti quando occorre.”

“E’ vero,” feci io e mi ricordai dello Sveglio che si gettava giù dagli alberi sulla carrozza del convoglio e subito accoltellava il vetturino.

Passai oltre:

“E tu chi sei?”

“lo sono Lo Smilzo“ e chi parlava era un uomo enorme e tarchiato. Aggiunse: “sto dimagrendo; presto avrai poco da ridere, magrolino.”

“Tu chi sei?” chiesi ad un altro.

“Sono Il Comandante.”

“Ma se sei l’ultima ruota del carro; se prendi ordini da tutti?”

“Io penso che in tutte le cose si debba passare dalla gavetta.”

“Certo”, feci. Un colosso biondo prevenne la mia domanda.

“Io sono Il Calabrese; sono del Veneto, nel Nord.”

Cominciavo a capire.

“Io sono Il Pacifico,” disse un altro, e rideva. Io ripensai all’attacco al convoglio e rabbrividii.

“Io sono Il Nuovo,” disse un rugoso dalla barba bianca, magro come uno stecco.

“Chiedimi il nome!” mi urlò uno.

“Chi sei?”

“Sono Lo Scapolo perché ho donne ovunque, anche in città!”

E giù a ridere e tutti a battergli le mani sulle spalle, fors’anche più forte del dovuto, cosi, un po’ per gioco, un po’ per invidia.

Ora da sapere c’era solo il nome del ragazzo col quale avevo più legato, un tipo sempre ridente che però stasera sedeva in un angolo con gli occhi bassi.

“Io mi chiamo Il Triste, però questa notte lo sono davvero.”

“Perché?”

Non mi rispose.

“Io sono Il Servo,” disse con la sua voce forte il capo, ed era quasi prevedibile. “Sarai contento, ora che ci conosci tutti.”

“Sono contento, ma voglio un nome; qui ognuno ha un nome, qual’è il mio?”

Il capobrigante chiamò tutti a raccolta mentre io attendevo impaziente.

“Ti chiamerai… ti chiamerai Il Vivo,” e nella mano aveva il coltello.

Impallidii. Avevano scoperto che ero una spia dei gendarmi.

Sergio Calamandrei

Sergio Calamandrei: vivo a Firenze, dove pratico il prosaico mestiere di commercialista. Mi appassionano scrittura, storia e letteratura. Per saperne di più: www.calamandrei.it/chi-sono-sergio-calamandrei/

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